La Decadenza per Non Uso del Marchio in Italia
Per rispondere ai summenzionati quesiti, occorre fare riferimento all’articolo 24 del Codice di Proprietà Industriale (c.p.i.). Tale norma prevede la pena della decadenza di un marchio che non venga utilizzato in maniera effettiva entro cinque anni dalla registrazione o il cui uso venga sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo il caso in cui il mancato uso sia giustificato da un motivo legittimo.
La finalità di tale disposizione è, da un lato, di sgombrare l’affollato registro marchi da segni non usati che lo occupano senza scopo; dall’altro, di evitare distorsioni della concorrenza, ove fosse consentita l’appropriazione di marchi non usati, registrati al solo fine di sottrarli al mercato.
Il legislatore ha pertanto previsto che per conservare il diritto esclusivo sul marchio è necessario utilizzare lo stesso in maniera effettiva.
Il non uso protratto oltre il termine quinquennale non determina, di per sé, la decadenza della registrazione; la stessa dovrà essere richiesta da un terzo concorrente nel contesto di un’azione legale presso il Tribunale.
Può richiedere la decadenza per non uso qualunque imprenditore concorrente, anche potenziale o futuro, che affermi di ritenere l’esistenza del marchio un ostacolo all’esercizio della sua attività, senza che debba essere dimostrato un interesse più specifico.
Importanti novità in tema di decadenza per non uso.
La nuova normativa nazionale, entrata in vigore a marzo di quest’anno (con la quale l’Italia ha recepito la direttiva UE 2015/2436), ha disposto un’inversione dell’onere della prova nelle azioni di decadenza per non uso, che volge ora in capo al titolare del marchio: è adesso sufficiente domandare o eccepire la decadenza per non uso di un marchio perché sia il titolare a dover dimostrare un uso effettivo e serio del marchio al fine di preservarne la registrazione (mentre prima colui che promuoveva l’azione di decadenza doveva dimostrare, tramite costosi rapporti investigativi, indagini demoscopiche etc., l’assenza di uso da parte del titolare del marchio oggetto di contestazione).
Non solo, la nuova legge ha introdotto la possibilità di proporre un’azione amministrativa di decadenza per non uso di una registrazione di marchio dinnanzi all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (a costi certamente più contenuti rispetto a quelli di un’azione legale). Tuttavia, l’implementazione di tale norma avverrà solo con l’emanazione di un ulteriore decreto entro il termine del 14 gennaio 2023. Al momento, pertanto, l’unica via per far dichiarare la decadenza rimane quella giudiziaria.
Tenuto conto delle significative novità, che rendono meno gravoso l’accertamento della decadenza, risulta sempre più importante per le aziende:
- Archiviare regolarmente per marchio, tipo e anno tutte le prove d’uso e conservarle nel tempo per documentare l’utilizzo dei marchi in caso di contenziosi.
- Rivedere sistematicamente l’assetto del portafoglio marchi, per valutare con il consulente eventuali strategie di nuova registrazione dei segni divenuti passibili di decadenza, considerando che il mero ri-deposito del marchio, in quanto elusivo della norma sull’uso, può essere considerato una registrazione in mala fede (Corte di Giustizia UE del 13/12/2012, T 136/11).
- Richiedere la protezione dei propri marchi nella versione effettivamente in uso nell’attività commerciale, verificando con il consulente l’opportunità della protezione dei vari restyling, man mano che intervengono.
In tale ottica, risulta cruciale capire cosa si intenda per uso effettivo del marchio valido ad escludere la decadenza, come provare tale utilizzo e quale libertà sia lasciata al titolare di usare il marchio in una forma differente da quella registrata.
Cosa si intende per uso effettivo?
La giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (CGUE) ha chiarito le caratteristiche dell’uso effettivo, specificando che deve trattarsi di uso reale e concreto, con esclusione di ipotesi di uso meramente simbolico, sporadico o episodico.
Perché l’uso sia effettivo, il marchio deve essere utilizzato sul mercato dei prodotti o dei servizi protetti dallo stesso e non solamente in seno all’impresa interessata o comunque su prodotti non destinati in via autonoma all’esterno. Una recentissima pronuncia della Corte ha escluso che sia effettivo l’utilizzo di un marchio per prodotti farmaceutici nel contesto di una sperimentazione clinica, che costituisce un’indagine sui rischi dell’uso di un medicinale e non rappresenta uno sfruttamento commerciale di un marchio registrato (CGUE, del 3/7/2019, in C-668/17).
L’uso effettivo deve concernere prodotti o servizi già in commercio o la cui commercializzazione, preparata dall’impresa per guadagnarsi una clientela (specie mediante campagne pubblicitarie), è imminente (CGUE del 11/03/2003, C-40/01).
L’uso del marchio su gadget promozionali offerti congiuntamente al prodotto principale non costituisce uso effettivo, poiché la distribuzione dei gadget non ha l’intento di farli penetrare nel mercato (CGUE, del 15.1.09, C-495/07, nel caso di specie i gadget erano bevande analcoliche e il prodotto principale abbigliamento).
In assenza di parametri di uso minimo sufficiente definiti dalla Corte, la giurisprudenza italiana ha interpretato, nei singoli casi, il concetto di uso effettivo tendenzialmente a favore della conservazione dei diritti di marchio.
Ha ritenuto sufficiente un uso solo pubblicitario del marchio (Trib. Bologna, 28.8.08, in Giur. ann. dir. ind., 2008, 1050), discontinuo e non particolarmente intenso oppure effettuato in ambito meramente locale (Trib. Roma, 22.5.03, in Giur. ann. dir. ind., 2008, 1050), purchè tale da dimostrare una effettiva distribuzione verso il pubblico.
Come si prova l’uso effettivo?
Le fatture di vendita, unitamente a cataloghi e materiale promozionale datati rimangono le prove cardine per dimostrare l’effettiva commercializzazione dei prodotti/servizi. Occorre considerare che, in caso le fatture non riportino il marchio ma un codice articolo, è necessario produrre altresì cataloghi datati che riconducano il codice al prodotto e relativo marchio: talvolta questo requisito ha messo in seria difficoltà aziende che, pur usando il marchio, si trovano nella paradossale situazione di non riuscire a dimostrarlo.
In merito a prove insufficienti a evitare la decadenza, si pone come precedente interessante in UE un recente e molto discusso caso amministrativo, deciso dall’Ufficio Europeo per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), in cui il noto fast food McDonald non è riuscito a provare l’uso del marchio Big Mac (EUIPO, del 11/01/2019, 14788 C).McDonald aveva sostanzialmente prodotto affidavit sui dati di vendita firmati da rappresentanti interni, screenshot di pagine web, brochure, poster pubblicitari, menù, materiali di packaging, estratto di wikipedia.
Tali prove non sono state ritenute sufficienti, in parte perchè, come nel caso degli affidavit, benchè ammessi, hanno valore probatorio limitato se non provenienti da fonti terze e imparziali e, in ogni caso, se non supportati da altro materiale probatorio efficace; in parte perchè nessuno dei suddetti documenti è stato ritenuto idoneo a provare una qualunque transazione commerciale avvenuta nel periodo e territorio rilevante.
La sentenza ha altresì specificato che la sola presenza del marchio su un sito internet non è sufficiente, di per sé, a provare l’uso del marchio, essendo necessario dimostrare anche una certa affluenza di pubblico nel sito (allegando, ad esempio, analisi del traffico) e la presenza di ordini di vendite on-line.
L’uso del mio marchio in una forma modificata è una valida prova d’uso?
L’uso del marchio che presenti variazioni rispetto alla versione registrata, purché si tratti di modifiche che non ne alterino il carattere distintivo, è equiparato dalla legge all’uso del marchio (articolo 24 c.p.i. citato, II comma).
Perché il suddetto limite sia osservato occorre che, rispetto a quello registrato, quello concretamente usato sia un marchio strettamente simile, i cui caratteri originali corrispondano a quelli del marchio di cui si tratta. Potrete comprendere che il concetto si presta ad interpretazioni di diversa “ampiezza”.
Per citare alcuni esempi, la giurisprudenza italiana ha ritenuto che, una volta registrato un marchio costituito da una lettera C stilizzata, l’uso di un segno identico capovolto ne impedisse la decadenza (e non ne alterasse il carattere distintivo) (Trib. Milano, 24 febbraio 2003, GDI, 2004, 402); ancora si è ritenuto che l’uso del marchio “Teominale” valesse ad escludere la decadenza del marchio registrato “Theominal” (Cass. 22 gennaio 1974, n. 176, cit.).
Al fine di evitare incertezze e difficoltà a provare l’uso del marchio, risulta senz’altro suggeribile aggiornare costantemente il portafoglio marchi ai vari restyling.
Vediamo infine cosa accade nel caso in cui il titolare del marchio ricominci ad usare lo stesso o possa provare che il mancato uso sia giustificato da un valido motivo.
La ripresa dell’uso del mio marchio sana la decadenza?
La normativa italiana prevede che il mancato uso possa essere sanato. Infatti l’articolo 24.3 c.p.i. dispone che: “Salvo il caso di diritti acquistati sul marchio da terzi con il deposito o con l’uso, la decadenza non può essere fatta valere qualora fra la scadenza del quinquennio di non uso e la proposizione della domanda o dell’eccezione di decadenza sia iniziato o ripreso l’uso effettivo del marchio”.
Tuttavia, terzi che abbiano acquistato diritti sul marchio nel periodo di non-uso possono comunque far valere la decadenza nonostante l’uso del marchio sia ripreso da parte del relativo titolare.
Quali sono i motivi legittimi che giustificano il mancato uso del mio marchio?
Non vi è decadenza quando il mancato uso sia giustificato da un motivo non dipendente dalla volontà del titolare, ciò avviene ad esempio nel caso di guerre, disastri naturali o di mancata concessione di un’autorizzazione amministrativa.
Conclusioni
Alla luce delle novità normative, le azioni di decadenza diventano meno gravose in termini di onere probatorio per chi le avvia e saranno agevolmente proponibili in via amministrativa a partire dal 2023.
Se da un lato l’accertamento della decadenza può risultare un’ottima via da considerare per cancellare marchi di concorrenti, dall’altro, nell’ottica delle aziende che tali azioni possono subire, diventa suggeribile un servizio “in-house” attento a catalogare e conservare le prove d’uso, unitamente a una costante attività di revisione dei propri marchi, imprescindibile per portafogli significativi.
Detto ciò, al fine di individuare una strategia di tutela che tenga conto delle esigenze aziendali ed una corretta gestione del portafogli marchi, è sempre consigliabile rivolgersi a professionisti del settore.